Hagape 2000 è attiva sul territorio con diversi servizi rivolti alla disabilità.
Siamo particolarmente orgogliosi del lavoro svolto, della minuziosa attenzione ai dettagli e dell’imprescindibile presupposto che lavoriamo con persone diverse. Tutte diverse, ciascuna diversa perché speciale nella sua peculiarità.
Quale è il senso di definire qualcuno diversamente abile? Ciascuno di noi è abile in alcune cose, meno in altre. Eppure non per questo viene definito diversamente abile. Certo la letteratura al riguardo potrebbe dire tante cose e tanti professionisti esperti potrebbero argomentare tale questione in maniera chiara e assai convincente.
Ma, partendo dall’esperienza maturata in questi anni, ritengo che non serva poi a molto.
Quando vivi tanto tempo con una realtà che accoglie persone con un qualsiasi tipo di ritardo cognitivo, sofferenza psichica e/o motoria, ti accorgi che le sfumature diventano sempre più rarefatte e che chi all’inizio ti viene presentato attraverso una diagnosi ecco che assume sembianze nuove, uniche, distintive. E allora ciò che diventa importante è capire come si chiama, cosa gli piace, cosa gli fa paura, cosa lo rende felice.
Ecco, il lavoro su cui ci siamo concentrati in questi anni è senza dubbio l’abbattimento di qualsiasi tipo di ghettizzazione, di semplificazione, di riduzione. Cerchiamo continuamente di portare avanti i nostri processi di socializzazione e, soprattutto, di integrazione attraverso la reale conoscenza dell’altro, la valorizzazione delle sue specifiche risorse (le sue specifiche “abilità”), la consapevolezza dei propri limiti, anche contemplando una dose di frustrazione utile per la maturazione del desiderio. Come può esserci un impulso allo slancio, come può esserci un desiderio senza una mancanza, senza un vuoto? Quando si è costantemente coperti dall’anticipazione di chi ti sta attorno, come fai a distinguere quando stai scegliendo da quando gli altri scelgono per te?
E noi è proprio da un vuoto e da una mancanza che partiamo. Perché esattamente questa condizione ci ha permesso di capire che tanto lavoro si può fare ancora, con passione e impegno sempre crescenti. E che tante cose ancora non siamo riusciti a farle e avremmo il desiderio di portarle avanti.
Nasce così il desiderio di proporre la nostra idea, un’idea di integrazione aperta non soltanto alla disabilità, ma a tutti coloro che ne vorranno usufruire. Non ci poniamo l’obiettivo di cambiare la vita a chi si rivolge a noi, ma sicuramente vogliamo creare uno spazio di accoglienza che possa andare incontro a tante esigenze che spesso non vengono manifestate. Per ignoranza, certo, perché molto spesso nemmeno si sa che esistono realtà come la nostra. Ma anche per pudore, perché la sofferenza è vissuta principalmente come qualcosa di molto intimo, non condivisibile e, a volte, addirittura, con senso di colpa.
Il target di persone a cui facciamo riferimento non è specifico, ci muoviamo anzi in un’ottica trasversale guidati dall’idea che la rete, la condivisione non creino confusione, ma siano preziosi strumenti di arricchimento e di sostegno reciproco.